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NIENTE DI PRIVATO

OMAGGIO A GIORGIO GABER

Diretto da Fabrizio Paladin

con

M° Loris Sovernigo : pianoforte

Fabrizio Paladin : voce

Renato Peppoloni : batteria

 

L’idea di portare in scena uno spettacolo con testi e canzoni di Gaber da molto mi stuzzicava la fantasia, ma l'affollamento di Premi e Tributi a lui dedicati mi aveva sempre distolto dall’intento. Caso volle però che uno di questi premi venne assegnato a me: “Il Premio Omaggio a Giorgio Gaber”, inserito all’interno dell’evento “Spazio d’Autore”, in scena a Termoli (con riprese televisive, RAI1). Alla fine non sono male questi premi, soprattutto quando sono loro che ti cercano! Per l’occasione preparai, con l'accompagnamento del M° Loris Sovernigo al pianoforte, tre canzoni e un monologo. Durante le prove mi resi conto di quanto il Signor G avesse influenzato la mia idea di teatro. Chi avrebbe mai detto di ritrovare in me così forte l’impronta recitativa di un uomo che vidi in scena molte volte solo quando ero adolescente? Andavo a vedere i suoi spettacoli pieno di acne giovanile e dei turbamenti propri dell’età. Lui era solo in scena e diceva cose che altrove non sentivo mai. Che non erano “contro” ma non erano neppure “a favore”. Che non c’era paragone e non c’era ammiccamento. C’era un pensiero libero, che riguardava lui. Lui, e io. Lui, io e anche mia madre che mi portava. Insomma non solo noi, c’erano anche tutti quelli che erano in teatro, ma non pretenderete che sappia chi siano no? Mi sto perdendo… Ah si! Dicevo… era strano ridere tutti assieme della masturbazione, della politica, delle piccole manie e delle grandi fobie, della noia… di tutte quelle cose che fanno un po’ imbarazzo, che sono private… Niente di privato. E poi il codice recitativo: l’abbattimento, a colpi di “onestà performativa”, della quarta parete; la naturalezza di passaggio fra la battuta comica e la riflessione sull’esistenza; il rispetto del pubblico nel portarlo a specchiarsi in un nuovo punto di vista. Era questo forse: un nuovo punto di vista. Il respiro era profondo durante i suoi spettacoli perché mostrava che sentirsi “parte di un tutto” non significa assimilazione compiacente ad uno stato di cose immutabile. Che la realtà può essere quieta e cordiale anche, e soprattutto, se in movimento. E’ il cambio del punto di vista che sta alla base della comicità, del rovesciamento carnevalesco. Così il pensiero si libera dalla paura dell’isolamento, del non-allineamento, e rivendica l’onore del volo alto, aperto, del gusto per l’ironico scoprirsi nel ragionamento. …. Ecco perché passava così facilmente dal parlare al cantare, perché quando il pensiero vola in alto, le parole non ci stanno più senza ali, e diventano melodia.

Signore e signori, buon divertimento!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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