Shows
Hamlet Routine - Hamle-tronic
Spettacolo Mentale per Luci, Musica ed Elettronica
Con
Tommaso Mantelli - musica ed elettronica
Fabrizio Paladin - regia, canzoni e voce
Loris Sovernigo - luci
Carlo Setti - maschere
Cosa c'entra il cupo, elisabettiano, principe di Danimarca con la psichedelica musica elettronica del XXI secolo? Cos'hanno in comune Fabrizio Paladin, attore, regista e drammaturgo esperto di Commedia dell'Arte, suo ambasciatore nel mondo, Tommaso Mantelli, in arte Captain Mantell, autore già noto da anni nel panorama musicale italiano e Fabrizio Fabi Crico, lighting designer dei concerti live dei più famosi artisti italiani?
La risposta è molto, davvero, molto più di quello che non sembri ad un primo sguardo distratto.
Basta pensare d'entrare nella mente, anzi no, nel cervello di qualunque essere umano, non importa se uomo o donna, giovane o vecchio, ricco o povero, e figurarsi la miriade di neuroni, d'interconnessioni tra sinapsi in forma di flussi elettrici d'informazioni, per comprendere come non esista linguaggio più adatto per cogliere e trasfigurare le emozioni, i pensieri, le allucinazioni che muovono e sconvolgono i personaggi della celebre tragedia shakespeariana a partire proprio da lui, Amleto. La tragedia d'Amleto nasce e si sviluppa nella materia grigia del triste principe, rimasto improvvisamente orfano, costretto a misurarsi con la vita, quella vera, quella che aveva sempre fuggito. Così lo spettatore si trova a seguirne i percorsi, i flussi di coscienza, ad incontrare Ofelia, Laerte, Orazio, Polonio, attraverso i filtri mentali di questo giovane confuso e arrabbiato, depresso e furente, folle e sconsolato, una forma mentis che prende corpo e sostanza grazie all'arte di Captain Mantell, alla sua sapienza di performer elettronico:
«Lavorare all'Amleto con Fabrizio per me significa ampliare gli orizzonti. Mettermi in gioco in un campo che va oltre la pura fruizione musicale. Creare sinergia in modi per me nuovi, sviluppare una sensibilità diversa. L'elettronica sfruttata per creare una colonna sonora pulsante che diventa quasi un personaggio nello spettacolo mi permette di esplorare e approfondire quei lati della composizione che fino ad ora tenevo chiusi in un cassetto. Innovazione e sperimentazione... Quando sei sul palco del teatro e capisci che la musica funziona e dona potenza alla parte recitata, creando nuove sensazioni all'interno di un testo già sviscerato in ogni declinazione possibile, allora capisci di stare facendo qualcosa di importante». Tommaso Mantelli
Uno spettacolo che riesce a toccare le corde più profonde e oscure di ognuno di noi perché entra nella nostra testa, come una goccia, inesorabile, scava la pietra così le note ridondanti e ripetute della consolle, le luci stroboscopiche che vivisezionano il corpo attorico di Paladin, superbo interprete non di personaggi ma di anime e dei mali che li affliggono.
Non importa se egli in quel momento presta la voce ad Amleto o alla sua Ofelia, come nello splendido "duetto" con chitarra elettrica che vede i due giovani scontrarsi, incontrarsi, lasciarsi, Fabrizio Paladin ci restituisce le anime scarnificate a morsi di note stridule di un'umanità alla deriva giacché egli, in quel momento cade, cade con tutti loro senza appigli per fermarsi:
«Amleto è una caduta libera. Tutti sanno benissimo che la situazione sta precipitando
chi fa finta di niente,chi nega l'evidenza,.... chi finge d'amare,.... chi non si risolve ad agire. Non succede niente, succede tutto. Ma al microscopio. Bisogna accettare di entrare nel profondo dello schifo umano, e non è sempre semplice, perché infondo, anche noi sappiamo di essere gelosi come Claudio, impauriti come Amleto, inermi come Gertrude, invisibili come Polonio, rifiutati come Ofelia, è inutile, ammettiamolo, potrei continuare con l'elenco ma non vorrei infierire. La cosa bella, è che tutto questo, non camibierà.
Amelto, come opera dico, non come personaggio, te lo spiega. Ecco il valore politico del teatro, ti aiuta a impossessarti di te. Come se fosse normale, quando normale, apparentemente non è, è per quello che una persona, così come una famiglia, così come una cittadinanza, così come una società, così come un paese, così come un continente... mi sto allargando, insomma un gruppo di persone, grande o piccolo che sia, perde le orecchie e gli occhi quando viene privato del Teatro. Gusto e tatto rimangono intatti. Tutto questo è inutile? Non al micrscopio della recitazione, non al bisturi della musica. Aprite occhi e orecchie. L'operazione comincia. Amleto, la sua tragedia, lenta morte, sta per iniziare. Senza anestesia. Si dia inizio al dolore.
L'azione è intrappolata nel vischio del pensiero e ognuno aspetta lo schianto. Non c'è speranza, c'è solo attesa. Ecco cosa è Amleto per me, connessioni elettroniche del cervello. La violenza senza respiro della musica elettronica, la ripetitività di note prive di armonici mi ricorda la prima volta che ho assaggiato il sangue, uno dei miei primi ricordi di infanzia: mi sono tagliato, ho visto il sangue, rosso. Mi sono detto, è rosso, saprà di fragola, di ciliegia,... assaggio. Metallo. Lamiere di suono nel sangue del pensiero. Il sangue non sa di fragole.
Ti accorgi della luce quando c'è qualcosa da illuminare, illuminare il vuoto è inutile. Esiste solo ciò che è illuminato (oppure ciò che illumina), l'oggetto, di contro, senza luce non esisterebbe. La luce non giudica, è imparziale, dimostra ciò che è. L'assenza di giudizio, si rivela più crudele della presa di posizione, illumina il deserto dell'azione. E' la cornice, il quadro non c'è. La luce definisce diverse prospettive, parlando ancora prima che si parli, spiegando ancora prima che si spieghi, la cornice di un tableau-vivant nel movimento costretto nelle sabbie mobili di Amleto".
Fabrizio Paladin
Lo spettacolo è descritto in una lunga intervista a Fabrizio Paladin nel libro di recentissima pubblicazione "Commedia dell'Arte. Voci. Volti. Voli" a cura di Fausto Sesso per la Moretti&Vitali Editore (Febbraio 2015)
Lo spettacolo è vincitore del primo premio alla rassegna "Stazioni d'Emergenza per Nuove Creatività atto VIII" al Teatro Stabile Galleria Toledo di Napoli (2016)
Di seguito le motivazioni della giuria che unanimamente così si è pronunciata:
Hamlet Routine//Hamle-tronic di TSM Polveriera Teatro si è classificato primo ed è quindi il vincitore della rassegna Stazioni d'Emergenza Atto VIII, come stabilito dagli osservatori, per conto della direzione artistica della Galleria Toledo, promotrice dell'evento.
La motivazione è la seguente:
Spettacolo intessuto ottimamente, dalla complessiva buona regia, drammatizzazione e testo; Fabrizio Paladin, attore poliedrico, maschera e musicista, oltre che regista versatile, nella sua rivisitazione dell'opera di William Shakespeare è riuscito a coglierne con successo gli elementi salienti, attualizzando il tradizionale contesto drammaturgico shakespeariano con espedienti e inserti di grande originalità che contribuiscono a rinforzare il ruolo del teatro contemporaneo e delle avanguardie artistiche nella presente scena culturale italiana.
RECENSIONI
Cinquecolonne Magazine
"Singolare figura nella scena teatrale italiana, l'attore e regista Fabrizio Paladin ha sorpreso lo scorso settembre il pubblico di Stazioni d'Emergenza atto VIII, con una trascinante ed eclettica rivisitazione dell'Amleto, Hamlet Routine//Hamle-tronic, in cui le leggi del drama vengono rivoltate come un calzino e costantemente messe a disposizione delle burlerie istrioniche del giullare padovano.
Così, colta di sorpresa, la giuria ha unanimamente proclamato lo spettacolo trionfatore della rassegna, grazie a una rivisitazione di classe, la cui infallibile ricetta è applicare con sapienza le migliori carte che un interprete può mettere in gioco: alto standard recitativo, lavoro con la maschera, intelligenza sagace, musica dal vivo e una soggiacente ironia capace di conquistare ogni pubblico.
A giusto merito, quindi, lo spettacolo viene riproposto nel corso della stagione artistica 2016-2017 al Teatro Galleria Toledo dal 4 al 9 aprile 2017.
Paladin è un vero attore di razza, la cui umiltà si manifesta riccamente, con infallibile tocco. Semplicemente, un animale da palcoscenico, di quelli che si incontrano sempre più di rado. Non c'è molto da aggiungere: la pièce è imperdibile".
Fonte: https://www.cinquecolonne.it/hamlet-routine-hamle-tronic.html
Un Hamlet, mille specchi
Scritto da Paola Spedaliere
Il pickwick
Hamlet, sempre lui. Attraversa le epoche come un eroe immortale, senza essere scalfito dal tempo passato, proiettato verso il futuro che lo vede oggetto di studio e di sperimentazione, analizzato a teatro in ogni piega della sua anima eppure sempre più sconosciuto, sempre più ricco di sfumature nascoste e di letture diverse.
A Hamlet basta una scenografia essenziale, una poltrona verde con un mantello poggiato sopra, sulla sinistra del palcoscenico, al centro un
piccolo tavolino su cui poggiano due maschere, a destra una chitarra elettrica, una consolle e un microfono. Fabrizio Paladin, che della pièce è anche regista e autore delle canzoni, si presenta sulla scena in maglietta, pantaloni e bretelle cascanti sui fianchi rivolgendosi agli spettatori quasi singolarmente, intessendo una dinamica tra lui e il pubblico da attore consumato, che sa ben dosare tecnica, ironia e improvvisazione. Paladin chiarisce il fine della sua rivisitazione che è tutto nell'immagine di Amleto come una fisarmonica, contrattura e espansione, e come musica elettronica (l'Hamle-Tronic) che non ha armonia, ma i suoni metallici della psiche dei personaggi del dramma.
In fondo la trama è: "Hamlet ha dei dubbi e alla fine muoiono tutti", perciò la scelta di presentare dei quadri rispettosi della cronologia della tragedia che si soffermano sui momenti salienti, risulta essere funzionale a quanto si era prefisso il regista. Indossato il mantello e seduto sulla poltrona che è diventato il trono, si presenta il primo personaggio, il re Claudio, il fratello assassino usurpatore del trono di Danimarca, dalla voce greve, carica di morte e ambizione, soddisfatto di aver raggiunto il suo scopo, poi seguono i vari personaggi: Amleto, Gertrude sua madre e sposa di Claudio, il fantasma del padre di Amleto, Polonio,
Ofelia. La tragedia si sviluppa tra loro, passando da un quadro all'altro, da una voce all'altra, tutti interpretati da Paladin che usa il mantello e le maschere per entrare nei personaggi. Il fido Orazio è mimato dalla mano dell'attore che ha una vocina sciocca con difetto di pronuncia, scelta poco comprensibile se non si esclude il voler volontariamente abbassare la tensione, come con Polonio dall'accento che sembra emiliano, Laerte milanese e Gertrude, vacua e superficiale.
Le scene sono intervallate da interpretazioni al microfono, suoni lunghi e sincopati della consolle, canzoni che raccontano e legano i momenti della narrazione tra loro. Questi suoni cosi elettronicamente allungati, distorti, rimandano a letture metaforiche, anche oniriche, come la celeberrima scena del monologo di Amleto sicuramente la più suggestiva e intelligente del dramma. In ginocchio quasi sul boccascena, con la testa chinata, ma con la maschera sulla testa a guardare verso il pubblico, la voce amplificata dal microfono, Amleto sembrava rivivere il dubbio lacerante che Shakespeare suggerisce nel suo testo. Altra scena affascinante è il dialogo tra Amleto e Ofelia in cui i due ruoli sono interpretati da Paladin investito una volta dal colore delle luci blu e l'altra dal colore rosso per distinguere i due
personaggi. Paladin è molto bravo nel condurre la sua rivisitazione in un gioco metateatrale tra l'attore che recita il personaggio e questi sulla scena, uscendo ed entrando in lui con fluidità e senza momenti di calo. Tutto risulta orchestrato con intelligenza e questo spiega perché Fabrizio Paladin abbia trionfato alla rassegna teatrale Stazioni d'Emergenza atto VIII, per Nuove Creatività, svoltasi lo scorso settembre.
Ogni volta che si assiste a un nuovo Hamlet su un palcoscenico ci si domanda sempre il perché di questa scelta, perché assistere ad una ennesima replica di un dramma di cui si conosce tutto. Anche le nuove letture producono raramente sorprese, ma sicuramente portano alla conclusione che ciò avviene perché lo spettatore ama Hamlet, perché vi ritrova la sua stessa indecisione esistenziale, quel dubbio che rode e scava dall'interno ogniqualvolta preme prendere la decisione che cambi la vita. Non solo nel protagonista si ritrova un poco di se stessi, ma anche la giuliva Gertrude, l'appassionata Ofelia, il fedele Orazio, il perfido Claudio ci restituiscono una parte di noi stessi, come in gioco di specchi che rimandano la propria immagine oltre l'infinito.
fonte: https://www.ilpickwick.it/index.php/teatro/item/3106-un-hamlet-mille-specchi
Hamlet routine: l'Amleto in chiave elettronica
L'Hamlet routine, rivistazione dell'Amleto in chiave elettronica, è lo spettacolo andato in scena alla Galleria Toledo per la rassegna "stagioni d'emergenza" il 19 e 20 Settembre.
Scegliere di rivisitare un grande classico come è l'Hamlet di Shakespeare è sempre una decisione che si apre a un duplice giudizio:è coraggioso o folle? Trovata astuta o geniale esperimento innovativo?
La definizione sarà sempre aperta al dibattito, indipendentemente da ciò che realizzerai e come, di fronte a un classico rivisitato, il pubblico si dividerà sempre in due categorie:
– i puristi: i conservatori, quelli che ritengono che un classico sia un testo quasi "sacro" e come tale vada toccato solo con delicatezza, senza violenza, senza strafare e stravolgere.
– gli sperimentalisti: per l'appunto quelli che amano sperimentare e che ricercano soluzioni spesso provocatorie e sorprendenti. Quelli che amano "rivoluzionare" qualcosa che già esiste.
Hamlet routine è un'opera provocatoria e controversa, una di quelle che prendono una pietra miliare della Letteratura, la spogliano di qualsiasi rivestimento arcaico, la presentano nuda allo spettatore, che le mette un vestito nuovo.
Hamle – tronic è un'opera che ti pone dei quesiti, che ti fa lasciare la sala con una sorta di amaro in bocca, una specie di fastidio mischiata a incredulità per la sfacciataggine mostrata e curiosità di vedere fin dove ci si è potuti spingere.
Hamlet routine: gioco mentale di musica, luci e gestualità
L'Hamlet shakespeariano diventa uno spettacolo psichedelico di luci, di musica, elettronica e gestualità (musiche di Tommaso Mantelli, luci di Loris Sovernigo). La tragedia viene narrata attraverso gli strumenti scenici. La struttura della scena, con le sue luci e ombre, i cambi di tono, i silenzi, i vuoti, i momenti musicali, detta il ritmo della narrazione e mette insieme il tutto.
La scena è completamente sorretta da Fabrizio Paladin, attore di grande talento, versatile, istrionico, che si destreggia sul palco interpretando tutti i personaggi canonici dell'Hamlet: Gertrude, Polonio, Lerte, Ophelia e naturalmente Amleto e tinteggiando ognuno in maniera caratteristica, accentuandone una nota di colore, fantasiosa, inventa,a dissacrante, come dissacrante è tutto lo spettacolo che continuamente gioca su se stesso.
L'Hamle – tronic applica una sorta di "metateatro", si prende gioco di sè, dissacra questa storia di morte e di amore, la fa sembrare tragicamente comica, una palliata greca, un sogno.
Sospeso tra sogno e realtà, lo spettatore non riesce a capire se quello che ha visto è reale, se sia stato davvero possibile realizzare qualcosa di così lontano dalla sua sacralità originale, se si ha avuto davvero questo coraggio e questa sregolatezza.
Hamle -tronic è uno spettacolo quasi per esperti, va analizzato minuziosamente e per farlo bisogna avere una sorta di amore di base per i personaggi del canone shakespaeriano.
Solo con tale amore si base si potrà rendere questo spettacolo godibile, perchè lo si comprenderà, nella sua controversia, nel suo essere senza regole e per questo unico. (settembre 2016)
fonte: https://www.eroicafenice.com/teatri-campania/hamlet-routine-lamleto-chiave-elettronica/
TEATRO.ORG
di Valentina Dall'Ara
Hamlet Routine, di e con Fabrizio Paladin
Hamlet Routine, il nuovissimo spettacolo di Fabrizio Paladin si presenta come un opera sui generis, uno strano connubio tra commedia dell'arte e drammaturgia shakespeariana; uno spettacolo davvero fresco e divertente, una messa in scena non canonica, tragicomica e attualissima.
Attore, autore e musicista poliedrico, Paladin si moltiplica sul palco interpretando da solo tutti i personaggi del dramma originale (...)
Paladin scherza con il pubblico e riesce a creare sin da subito un'atmosfera familiare e di complicità: nel suo prologo introduce Amleto, ovvero la storia di "uno che ha dei dubbi e poi muoiono tutti".
Il protagonista è un Amleto svuotato, inconsolabile, immobilizzato nei suoi pensieri e nella sua tragedia personale, unico personaggio rimasto drammatico (o quasi) in mezzo ad una folla di veri buffoni; tutti gli altri attori della vicenda vengono connotati ognuno con un tratto caratterizzante grottesco: il Re, zio di Amleto, usurpatore del trono, viene proposto in una fantastica versione stile 'boss palermitano' e la Regina Gertude, la madre, civettuola, sembra più interessata al look che al figlio. Poi la carrellata di personaggi prosegue con la sospirante Ofelia che, costretta ad una sorta di mugugno stridulo che solo il padre Polonio riesce a tradurre, si riappropria della parola solamente attraverso il canto, Polonio, logorroico, marchiato con un accento bolognese "besciamelloso", parla con modi di dire simili a scioglilingua: è il personaggio più caratterizzato dallo stile tipico della commedia dell'arte, genere in cui Paladin è specializzato. Ed ancora Laerte, fratello di Ofelia e figlio di Polonio, parla con accento e slang milanese, personaggio 'anti-carismatico' per eccellenza, infine Orazio, l'amico fedele di Amleto, si ritrova ridotto a marionetta da ventriloquo realizzata dalle dita di una mano chiuse a becco.
Tra una battuta e varie digressioni comiche, la sequenza delle scene originali di Amleto viene in linea di massima rispettata, e lo spettatore ritrova tutti i momenti topici shakespeariani, dal monologo 'Essere o non Essere', cantato e accompagnato dalla chitarra suonata dallo stesso Paladin, al momento della finta pazzia di Amleto e successiva recita della compagnia di comici a corte, dalla morte di Polonio e Ofelia fino a raggiungere il massimo pathos nel famoso epilogo del duello finale: muore la regina, muore il re, muore Laerte e muore Amleto.
La tragicommedia è compiuta.
La Tribuna di Treviso
di Chiara Ferretto
«Hamlet Routine», lo spettacolo di Fabrizio Paladin andato in scena sabato e domenica scorsi nello stesso Auditorium «Stefanini». Lo straordinario teatrante trevigiano ha saputo rivisitare con pathos e comicità la tragedia di Shakespeare, riuscendo ad allestirla da solo sul palco, con parti recitate, canzoni ed ampi spazi d'improvvisazione. Tutti i personaggi dell'opera sono stati resi mediante l'utilizzo dei diversi dialetti, la caratterizzazione della voce e l'espressività del corpo.